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Quando l’alfabeto diventa un libro su Coppi e sull’Italia che cambia

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Un libro su Coppi ne racconta le fragilità
Fausto Coppi, un campione indiscusso, ma anche un uomo dalla grande fragilità fisica e psicologica.

L’Alfabeto Fausto Coppi di Gino Cervi e Giovanni Battistuzzi è uno di quei libri che si legge tutto d’un fiato. O, meglio ancora, che si deve centellinare piano piano, come certe scatole di cioccolatini di qualità dove, quando peschi, peschi bene. Con questo libro su Coppi per Ediciclo, Cervi, giornalista e scrittore, e Battistuzzi, giornalista de Il Foglio, appassionato di ciclismo, ripercorrono la vicenda sportiva e umana del Campionissimo. Un mosaico fatto di aneddoti, testimonianze dirette, ma anche saporite rielaborazioni di cronache giornalistiche e vecchie interviste.

Alfabeto Fausto Coppi è originale nella struttura e accattivante nei contenuti.

Dalla A di Airone – come lo aveva battezzato Orio Vergani – alla Z di zingaro – come lo considerava la mamma Angiolina. In 99 storie e una canzone esce infatti il ritratto non solo di un ciclista ma di un’intera nazione a cavallo tra una guerra fratricida e un boom economico che ne cambierà per sempre il volto. Una nazione che sta assaporando un inatteso benessere dopo tanta fame, ma che ancora porta con sé i retaggi di una morale che giudica e non perdona.

Il campione adorato e il pubblico peccatore

Quella affrescata da questo originale libro su Coppi è un’Italia che adora il Campione ma che non riesce ad accettare la sua vicenda privata. Che lo fischia, nel 1955, al Circuito di Torino per quella signora sempre elegante, sempre al suo fianco. Una signora sposata, Giulia Occhini, che aveva abbandonato il marito per andare a vivere con lui, che a sua volta aveva lasciato la moglie. La dame en blanche l’aveva etichettata un cronista francese per il suo candido Montgomery.

Coppi e la Dama Bianca.
Fausto Coppi con Giulia Occhini.

La Dama Bianca, un nome che l’avrebbe accompagnata per sempre, tra morbosa curiosità, sorrisetti e colpetti di gomito. Due adulteri che spingono Papa Pio XII, nel 1955, a non benedire una tappa che parte da Roma, perché in mezzo c’è “un pubblico peccatore”.

Per questo, come scrive Adriano Sofri nella prefazione, “che Coppi sia stato il più forte va da sé, per qualunque persona ragionevole. Il bello è che era il più debole”. L’Airone è un campione fragile, fisicamente e psicologicamente. Fragile per le rovinose cadute che ne hanno segnato la seconda parte della carriera. Fragile per la depressione che lo attanagliava per lunghi periodi, specie dopo la morte del fratello Serse e per la sua tormentata vita “matrimoniale”.

Ci sono in filigrana in questo libro su Coppi centinaia di protagonisti di quegli anni, ciclisti e non solo: da Gianni Rivera a Isa Barzizza, da Rita Hayworth a Togliatti e Totò.

Gino Bartali il rivale-amico

Coppi e Bartali.
Nei momenti difficili Coppi ha sempre avuto vicino Bartali l’amico-rivale.

Ma le pagine più sorprendenti, forse, di tutto il libro, illustrato da Riccardo Guasco, sono quelle dove compare, da protagonista o sullo sfondo Quello là. Quel toscano scontroso, capace di dare vita, con Coppi a una rivalità da leggenda, ma anche a un’amicizia mai forse ammessa, ma solida come poche.

È il Bartali ispido che sa trovare le parole giuste per consolare Fausto  – lui che ha perso nello stesso modo Giulio -nel dolore per la morte del fratello Serse. Il Bartali che non concede nulla in gara, ma che lascia vincere, in un circuito, al rivale i soldi necessari a regalare un mazzo di fiori alla futura sposa.

Ma soprattutto è il Pio, il terziario carmelitano, l’emblema dell’Italia cattolica e tradizionalista che si complimenta, burbero da par suo, davanti a tutti, con Coppi per la nascita di Faustino. Per tutti è il figlio della colpa, per Ginettaccio, con la foto in mano è “proprio bellino. L’è tutto sua madre! Meglio così che non ti assomiglia”.

È Bartali, il Giusto.