«Se i tutti i cittadini europei pedalassero o camminassero 15 minuti al giorno, si risparmierebbero ogni anno centomila vite. Salve da inquinamento e incidenti stradali». A calcolarlo il responsabile delle politiche sanitarie dell’European Cyclists’ Federation (ECF) Randy Rzewnicki. Sponda a questi numeri viene anche dal costo dell’inattività fisica degli abitanti del vecchio continente stimata dalla Commissione Europea dello Sport (EU Sport). Uno spreco da 80 miliardi di euro.
Emergenza a cui l’ECF risponde con la EU Cycling Strategy, un contenitore di obiettivi di medio termine raggiungibili soltanto con una volontà politica e una collaborazione tra pubblico e privato. C’è il raddoppio del numero dei ciclisti europei entro il 2030, il taglio del 50% del numero di incidenti mortali. E poi gli investimenti sulla mobilità attiva – piedi, bici e trasporto pubblico – che creerebbero, sempre secondo ECF, 225mila posti di lavoro.
Cifre però che ancora non hanno convinto l’Italia, dove è recente il blocco – l’ennesimo – delle legge quadro sulla mobilità ciclistica per mano del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Norme che favorirebbero politiche a sostegno delle mobilità attiva omogenee a livello nazionale, dai comuni alle Regioni. Aprendo le porte, anche al Belpaese, verso la cosiddetta bikenomics, l’economia attorno alla bici. Che in Europa ECF ha stimato in oltre 500 miliardi di euro ogni anno.